Dicevano di voler frenare il caporalato…
La Sanatoria dei lavoratori irregolari pareva aprirsi con queste parole: “Non si possono lasciare le persone a vivere come topi nei ghetti. Lavorano già nel nostro Paese e spesso in condizioni complicatissime e al limite, meritano una possibilità e vanno regolarizzati. È una battaglia di civiltà a cui non ci si può sottrarre”. Così la Ministra Teresa Bellanova alla vigilia dell’approvazione del Decreto Rilancio.
Un provvedimento, quello della regolarizzazione dei cittadini stranieri, che avrebbe dovuto tagliare le gambe al caporalato. Invece, non solo la zappa finisce addosso a chi già fa fatica a camminare, ma ora lo sfruttamento del lavoro sommerso ha una marcia in più.
Il provvedimento voluto dalla Bellanova doveva regolarizzare circa 200mila degli “invisibili” che lavorano in Italia senza permesso di soggiorno. Nello specifico nei settori dell’agricoltura, del lavoro domestico e dell’assistenza alla persona. Oggi, a due mesi dall’entrata in vigore del Decreto viene prorogata la sanatoria fino al 15 di agosto.
Guardando i risultati del Terzo Rapporto del Ministero dell’interno ci accorgiamo però che qualcosa non sta funzionando. I risultati ottenuti sono piuttosto scarsi, o comunque non sono quelli attesi.
… ma i dati non parlano chiaro …
Al 15 luglio le richieste pervenute per la sanatoria dei lavoratori irregolari sono 123.429, di cui 11.101 in corso di lavorazione. Manca ancora una buona fetta della popolazione interessata. Senza contare che non sappiamo quante siano andate effettivamente a buon termine, perché non abbiamo dati sui permessi effettivamente rilasciati.
Ma ciò che salta all’occhio è la distribuzione delle domande per settori lavorativi. L’87% proviene dal lavoro domestico e di assistenza alla persona. Mentre solo il 13% fa capo al lavoro subordinato, ossia quello che riguarda l’agricoltura, il settore in cui è più ampio lo sfruttamento dei migranti irregolari. Come mai?
Come diverse associazioni, sindacati ed esperti hanno fatto notare (come Melting pot, Avvocato di strada, Baobab) ci sono diverse storture nelle procedure per la regolarizzazione, rendendo, di fatto, il sistema di difficile accesso per i richiedenti.
Ci sono infatti due canali tramite i quali è possibile inoltrare l’istanza per la sanatoria dei lavoratori irregolari.
Il primo: il datore di lavoro presenta la richiesta per assumere o regolarizzare un lavoratore straniero presente in Italia prima dell’8 marzo. In questo caso il datore di lavoro versa un contributo forfettario di 500 euro più un’ulteriore quota forfettaria se sussisteva già un rapporto di lavoro irregolare.
Il secondo: un cittadino straniero con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 può richiedere un permesso di soggiorno temporaneo valido per 6 mesi. Se, trascorsi i sei mesi, il cittadino esibisce un contratto di lavoro subordinato o i documenti che provano lo svolgimento dell’attività lavorativa, il permesso viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Il contributo per la procedura, in questo caso, è complessivamente pari a 180 euro. Gli stranieri, però, devono risultare presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020, senza che se ne siano poi allontanati e devono aver svolto attività di lavoro nei settori elencati antecedentemente al 31 ottobre 2019.
… ed i problemi restano molti…
La sanatoria dei lavoratori irregolari soffre terribilmente sotto tre aspetti chiave.
1. La regolarizzazione è solo “parziale”, poiché interessa solo tre settori specifici (agricoltura, lavoro domestico, assistenza alla persona). Settori come ristorazione, logistica, attività manifatturiere, non sono contemplati. Come se in questi non esistesse sfruttamento e lavoro sommerso a zero garanzie.
Il Decreto poi si rivolge solo a 200 mila cittadini stranieri, considerando che i migranti irregolari in Italia sono circa 600 mila
2. La procedura secondo il primo canale è a carico del datore di lavoro. Difficilmente però possiamo aspettarci che questi sborsi volontariamente 500 euro a lavoratore, soprattutto se questo può continuare ad essere sfruttato.
Come fa notare l’associazione “Avvocato di strada”, il caso delle famiglie è diverso. Le famiglie sono datori di lavoro “atipici”. Hanno bisogno di qualcuno che si occupi dei loro parenti e i rapporti di lavoro sono basati su legami di fiducia. Va fatto presente però che anche se il testo di legge dice che i datori di lavoro “possono presentare istanza’” – e non che “devono” – l’interpretazione, come fa notare l’Avvocato Mumolo di “Avvocato di Strada”, non deve essere in senso “facoltativo”. Piuttosto, deve essere inteso come un “devono, posto che ci siano le circostanze”. Ma se già è difficile per un cittadino madrelingua italiano, destreggiarsi nell’intricato mondo della giurisprudenza, come possiamo pretendere che sia agevole per un cittadino straniero? Con queste ambiguità la corretta regolarizzazione è quasi impossibile..
3. La rinuncia al diritto di asilo, che avverrebbe nel caso il cittadino straniero proceda attraverso il secondo canale. Infatti, la circolare del 19 giugno – come sottolineato dall’Associazione Melting Pot – da un’interpretazione restrittiva della normativa.
In pratica, se uno dei requisiti per accedere alla regolarizzazione tramite il secondo canale è “lo stato di irregolarità sul territorio nazionale dello straniero”, il richiedente asilo, che secondo quanto disposto dall’art.7, co.1, D.Lgs. n.25/2008 ha di fatto diritto a permanere nel territorio dello Stato fino alle decisioni adottate dalla Commissione Territoriale, è di fatto escluso se non rinuncia alla richiesta di asilo.
… Favorendo il Caporalato!!!
L’introduzione della normativa ha dunque aperto le strade a nuovi sistemi di ricatto e sfruttamento, altro che sanatoria dei lavoratori irregolari.
I datori di lavoro fanno pagare agli stranieri il costo della regolarizzazione, imponendo mazzette fino a ottomila euro. Come racconta l’avvocata Angela Maria Bitonti, legale di Federcolf di Basilicata e di Bari, è già scoppiata la “corsa all’acquisto” dei contratti dei datori di lavoro. Soprattutto i più giovani, pur di avere un permesso di soggiorno pagano, arrivando a versare anche tremila euro ai caporali.
Noi di GEV, alla luce di tutto ciò, non possiamo far finta di nulla.
La sanatoria per la regolarizzazione dei cittadini va chiaramente rivista per colmare le evidenti lacune, ma non solo.
Noi di GEV, non possiamo permettere che i più vulnerabili siano nuovamente soggetti a nuove forme di sfruttamento e di ricatto sul lavoro. La regolarizzazione dei cittadini stranieri è fondamentale per garantire le giuste condizioni sul lavoro e non può essere usata come mera propaganda.
Regolarizzare è un dovere di Stato, una “battaglia di civiltà” a cui questo governo ha evidentemente rinunciato per convenienza.