NON CI RESTA CHE PIANGERE (?)

La sicurezza sul lavoro è un argomento sempre molto discusso. Spesso però il dibattito è mirato più a fotografare le lacrime che ad evitarle.Noi vogliamo provare a metter le cose in ordine partendo dai dati reali ,dalla situazione europea ed italiana per finire con le proposte su questo tema che coinvolge ogni anno 3 milioni di lavoratori in Europa. Cercheremo di analizzare soprattutto dati del 2019 perché nel 2020 e 2021 i dati sono fortemente influenzati dalla pandemia di Covid.

L’ITALIA

In Italia attualmente la Salute e Sicurezza sul lavoro è regolamentata dal Testo Unico, il Dlgs 81/08 che sostituì integralmente la Legge 626/94.

Secondo i bollettini trimestrali dell’INAIL nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2021 si sono rilevate complessivamente 555.236 denunce di infortunio di cui 1.221 con esito mortale . Erano rispettivamente 635.433 e 1029 nel 2017 e 641.638 e 1089 nel 2019. Ricordiamo che l’INAIL inserisce in queste tabelle solo i propri assicurati (come da DPR 1124/1965) quindi categorie come le forze dell’ordine e le forze armate non rientrano. L’Osservatorio indipendente di Bologna di Carlo Soricelli dà altri numeri (1404 vittime nel 2021), ma in questo articolo useremo i dati ufficiali INAIL.

I grafici qui sotto ci mostrano lo storico delle denunce di infortunio (agricoltura+ industria e servizi) negli ultimi 50 anni e di quelle con esito mortale

(Ricordiamo che dal 2010 le denunce d’infortunio mortale comprendono anche quelle aventi definizione amministrativa negativa, a differenza delle denunce mortali ante 2010 che, invece, le escludevano.) . Prendendo i dati del 2019 su 641.638 infortuni denunciati sono avvenuti al:

SITUAZIONE IN EUROPA

Nell’ Europa a 27 ,nel 2019,ci sono stati 3.140.950 denunce di infortunio (3.329.031 nel 2010 e 3.030.077 nel 2015) di cui con esito mortale 3408 ( erano 4277 nel 2010 e 3643 nel 2016).

Ricordiamo che questi sono dati Eurostat e possono non tenere conto, a differenza dei precedenti dell’INAIL, degli infortuni “in itinere” (verso il o tornando dal lavoro),dei lavoratori autonomi o dei collaboratori familiari perché questi dati sono inviati su base volontaria dai vari Stati membri.

 

L’ITALIA IN EUROPA

Per fare un raffronto tra i vari Paesi UE useremo i dati INAIL “Standardizzati” (ovvero per tutti gli Stati vengono esclusi gli infortuni dovuti a incidenti stradali e a bordo di qualsiasi mezzo di trasporto nel corso del lavoro, in quanto non rilevati da tutti i Paesi). L’ultima rivelazione è datata 2018.

Prenderemo in esame 4 paesi (Italia, Spagna, Francia e Germania) e i loro dati sugli infortuni e infortuni con esito mortale ogni 100.000 occupati SPAGNA

FRANCIA

GERMANIA


PROPOSTE

Sul tema i sindacati puntano ad una maggiore formazione (rendendola un diritto universale ed esigibile dal lavoratore e con una materia ad hoc da inserire nei programmi scolastici delle superiori), una maggiore qualità e quantità delle ispezioni e un aumento delle sanzioni. Inoltre chiedono un forte investimento (economici, sociali e di formazione) sui RLS e sulla ricerca. Inoltre i sindacati vogliono mantenere alta l’attenzione sui cantieri e sul settore costruzioni che già oggi è quello in cui si registrano più vittime (114 nel 2020) e che sarà protagonista dell’attuazione del PNRR attraverso misure di contrasto al dumping salariale,al lavoro nero od irregolare e contrastando in ogni modo la liberalizzazione del subappalto.

Ma la proposta più di impatto dei sindacati  è certamente la “patente a punti” per le imprese, strumento di monitoraggio basato sul concetto di “sanzioni ed incentivi” che colpirebbe le aziende trovate irregolari dal punto di vista della sicurezza o che ,stando ai dati INAIL, risultassero essere aziende in cui avvengono spesso infortuni o malattie professionali, in modo da impedire o limitare la possibilità di  partecipazione alle gare per gli appalti pubblici  e,di contro, per le aziende “virtuose” ci sarebbero premi e contributi.

Altre proposte vengono direttamente dal Presidente CIV (Consiglio di indirizzo e vigilanza) dell’INAIL, Giovanni Luciano ,pur apprezzando l’assunzione di 2000 ispettori, afferma: “In Italia ci sono 4,4 milioni di aziende mentre le ispezioni in un anno sono circa 80mila. Nemmeno se assumiamo 400 mila ispettori possiamo controllare a tappeto che le regole vengano osservate. Inoltre, le ispezioni possono fare poco se, come nei casi che hanno fatto più scalpore questa estate, le lavoratrici morte sono in regola e le macchine pure, ma poi vengono disinnescati i meccanismi di sicurezza”. E su quest’ultimo punto propone un rafforzamento del ruolo del Rsl (Rappresentante dei lavoratori alla sicurezza) che dovrebbe diventare una specie di ispettore interno con una adeguata formazione (maggiore rispetto alle 32 attuali), un mandato raddoppiato (da 3 a 6 anni) con poteri di immediato intervento e tutele contro eventuali ritorsioni da parte dell’azienda.
Luciano inoltre propone un White Pass ,ovvero una certificazione che dovrebbe essere concessa alle aziende virtuose e che darebbe accesso alle agevolazioni aggiuntive per chi investe in sistemi di sicurezza
I soldi di sono “Solo come Inail abbiamo 40 miliardi di euro depositati sul conto infruttifero della Tesoreria che non possiamo usare”.

 

CONCLUSIONI

 

Se è vero che i dati ci dimostrano che nei decenni molto è stato fatto per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, non possiamo ritenerci ancora soddisfatti. Tre vite al giorno spezzate solo in Italia, per guadagnarsi il pane sono impensabili in un paese che si vuole definire civile. Noi apprezziamo molto lo sforzo e le idee dei sindacati sul tema e promuoviamo le proposte che ci vengono da Giovanni Luciano. Il governo ha attivato un osservatorio e un accordo con i sindacati edili (che mira a prevenire abusi soprattutto nell’applicazione del PNRR) e ha modificato le regole per il subappalto, ma questo non è per nulla sufficiente.

Noi crediamo sia anche ora di agire su altri due fronti. Il primo è certamente la cultura della sicurezza da insegnare e poi far interiorizzare ai lavoratori. Dobbiamo far capire a tutti i lavoratori e le lavoratrici che la sicurezza non è solo noiosa burocrazia da espletare ma è ciò che garantisce loro di tornare a casa a fine turno.
Le loro vite non sono secondarie rispetto alla produttività, perchè il lavoro è dignitoso solo quando è sicuro,salubre altrimenti è sfruttamento, è ingiusto. Il secondo punto sono gli investimenti sulla digitalizzazione e la robotica che non devono essere usati come mezzo per la precarietà( da non confondere con flessibilità) o per licenziamenti ingiustificati.
Insomma dobbiamo spingere per la Quarta Rivoluzione Industriale affinché i lavori più pericolosi (manuali,ripetitivi ad esempio) siano sostituiti dai robot, che si ragioni di lavoro in remoto (es. Smartworking) e si arrivi ad una riduzione generale della necessità di ore lavorative umane spostando il focus sul lavoro ad obiettivi e sulla conseguente riduzione della settimana lavorativa.

Noi siamo consapevoli che il rischio zero non esiste, ma vogliamo guardare in faccia le famiglie,gli amici di chi ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato (o nell’azienda sbagliata) al momento sbagliato e dir loro che più di così non potevamo fare. Fino ad allora ,fino a quando qualcosa era possibile fare non possiamo fermarci e dobbiamo essere duri ed inflessibili. Noi ci siamo e vigileremo.

 

A cura di Daniele Andrian