l’Agonia del sistema scolastico e il dilagare della criminalità giovanile

Riparte l’anno scolastico, con dati spaventosi: migliaia di cattedre scoperte, con un’incidenza particolarmente pesante sul sostegno e 200.000 supplenti secondo i dati forniti dai sindacati.

Ormai non sono più solo gli edifici scolastici che scricchiolano, sono gli insegnanti che stanno crollando e con loro la scuola tutta.

Stipendi bassi, aggiornamento professionale insufficiente, selezione del personale solo per anzianità e attraverso procedure burocratiche bizantine. In parallelo a tutto questo – e forse proprio a conseguenza – la figura dell’insegnante perde ogni giorno un po’ del proprio valore e prestigio sociale.

Tutti elementi che concorrono a creare delle voragini nel sistema educativo, a cui si fa fronte con personale estremamente sottoqualificato (basta essere diplomati per potersi candidare a una supplenza con le MAD, messe a disposizione), mentre gli anni del covid hanno aperto un’ulteriore frattura tra scuola e studenti.

Un paese in cui una funzione fondamentale per la società come il sistema di istruzione pubblica di base è ridotto in queste condizioni non si dovrebbe parlare d’altro. Dovrebbe essere evidente il legame con l’esplosione di disagio adolescenziale che stiamo attraversando (anche se un certo grado di crudeltà e violenza è purtroppo un elemento comune dell’esperienza adolescenziale maschile nella nostra società a prescindere dal contesto) e dovrebbero esserci piani a lungo termine, investimenti straordinari per rilanciare l’istruzione universale e non abbandonare lᴈ ragazzᴈ a loro stessᴈ. Dovrebbe esserci almeno un dibattito pubblico in merito.

Invece continuiamo ad assistere ad un precipitare a rallentatore, che continua ormai da anni, a prescindere dai cambi di governo. Anche chi ha scelto la scuola perché crede nella sua missione sociale ed educativa, ha esaurito lo spirito combattivo delle lotte contro le riforme Moratti e Gelmini e sembra troppo esausto e sfiduciato per reagire.

É in questo clima di scoramento che una legge pericolosa come il “Decreto Caivano” può essere presentato all’opinione pubblica senza creare indignazione: espansione del DASPO urbano e della custodia cautelare per i minori, inasprimento del foglio di via, la cui violazione diventa reato penale (evoluzione che si rivelerà sicuramente utile anche nei confronti dei diversi climattivisti che hanno ricevuto provvedimenti di allontanamento per azioni di disobbedienza civile), divieto all’uso di cellulari, possibilità di scegliere “lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti no profìt o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza” (leggi lavoro gratis) come alternativa al carcere minorile.

Oltre all’idea vendicativa di giustizia che informa tutto il provvedimento, ci sono altri elementi particolarmente preoccupanti: il tentativo di disconoscere e minare la capacità di autonomia dei minori (impedendo l’uso del cellulare e trasformando lo stato in un genitore severo che si illude di controllare così i propri figli) e quello di ridurre la distanza tra le pene inflitte a minorenni e maggiorenni, togliendo centralità all’imperativo dell’educazione e inserimento dei minori, trasformandoli da vittime di un grave fallimento educativo in semplici criminali. Anche quest’ultimo elemento, il tentativo di smantellare gli elementi che proteggono e indirizzano verso percorsi specifici i minori, di renderli “piccoli adulti” è come tutti gli altri, elemento normale nella cultura di estrema destra. Negli Stati Uniti addirittura, diverse amministrazioni statali repubblicane si stanno spingendo ad allentare le leggi contro il lavoro minorile, in crescita per la prima volta da vent’anni secondo le Nazioni Unite. In fondo, se un adolescente è abbastanza grande per essere un delinquente, lo è abbastanza anche per essere sfruttato.

Come su molti altri temi, la destra ha un’idea e una strategia. E noi? Vogliamo continuare a essere vittime della nostra apatia o torneremo a reagire?

 

Le scuole riaprono con 200.000 supplenti, migliaia di cattedre da coprire e un personale sfibrato e demotivato da stipendi bassi, tagli, precariato, selezione nulla e formazione scarsa. Dovrebbe essere evidente il legame tra l’agonia del sistema scolastico, che procede ormai da anni a prescindere dai cambi di governo, e l’esplosione dei fenomeni di criminalità giovanile.
Invece ci troviamo senza particolari proteste da parte dell’opinione pubblica a commentare una legge pericolosa come il “Decreto Caivano”, che cerca di imporre una logica vendicativa nel contrasto alla criminalità minorile e di trasformare i minori condannati da vittime di un grave fallimento educativo in semplici criminali da punire e, perchè no, sfruttare.

Come su molti altri temi, la destra ha un’idea e una strategia. E noi? Vogliamo continuare a essere vittime della nostra apatia o torneremo a reagire?

La crisi del sistema scolastico e dell’idea di educazione universale accessibile a tutti è talmente profonda che non riusciamo più nemmeno a collegarla con la criminalità adolescenziale. É in questo vuoto che un mostro come il “Decreto Caivano” può imporsi senza creare scandalo.

 

A cura di Tommaso Gorini responsabile relazioni internazionali